Riforma delle pensioni: come va negli altri Paesi europei?

Pubblicato il da Sara Gianfelici

La nuova legge sulla riforma delle pensioni votata dall'Assemblea nazionale francese [NdT: parte del parlamento che ha il compito di votare le leggi, insieme con il Senato]: l'età pensionabile passerà progressivamente da 60 a 62 anni nel 2018, con contributi versati pari a 41,5 anni nel 2020 invece degli attuali quarant'anni.

Nel momento in cui migliaia di persone manifestano in strada contro questa riforma, è lecito chiedersi come fanno gli altri? Gli altri sono i nostri vicini europei. A quale pensione hanno e avranno diritto? E soprattutto, è più o meno conveniente della pensione francese? Il dibattito sulla riforma è al suo punto critico in molti Paesi. E contrariamente a quel che si potrebbe immaginare, da questo confronto la Francia non ne esce per forza peggio. Quello su cui stenta è invece l'impiego e lo sviluppo.

Non è per forza meglio altrove

Piuttosto che allungare la durata del periodo di contribuzione, la maggior parte dei Paesi europei ha scelto di posticipare l'età pensionabile. Ma molti Paesi hanno già fissato l'età pensionabile a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne. E' il caso di Belgio, Svizzera, Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Lussemburgo, Danimarca, Finlandia, Austria, Polonia... Qualche Paese, in particolare nell'Est dell'Europa, ha fissato l'età tra i 60 e i 63 anni come l'Estonia, la Lettonia, la Bulgaria, l'Ungheria, la Romania... E' nel Regno Unito che si va in pensione più tardi, con un'età legale minima di pensionamento a 68 anni nel 2046. Paesi Bassi e Danimarca hanno fissato questa soglia a 67 anni per il 2025, proprio come la Germania che spera di applicare lo stesso a partire dal 2029.
Il modello svedese rimane quello portato a esempio. Ma la riforma non riscuoterebbe senz'altro tutto questo successo se non fosse applicata in dolcezza: dopo 10 anni di negoziati, l'età minima legale di partenza è stata fissata a 60 anni e il massimo a 70 anni, senza contare tuttavia la questione il concetto di gravosità del lavoro.

E il lavoro dei "senior"?

Ma come è capitato i per i suoi vicini nordici, la riforma svedese è stata accompagnata da una vera "strategia di mobilitazione attorno all'impiego dei senior" spiega Bruno Palier, incaricato della ricerca al CNRS [NdT: Centro Nazionale di Ricerca Scientifica, francese] e al Cevipof [NdT: Centro di ricerca politica della Facoltà di Scienze Politiche] e specialista dei sistemi di protezione sociale in Europa su touteleurope.eu. E oggi è la crescita positiva di questi Paesi a finanziare le loro pensioni...

Affrontare l'argomento pensioni senza prendere il toro per le corna e trattare quello dell'impiego della fascia d'età senior è quindi totalmente ipocrita. E come puntualizza giustamente Le Figaro, su questo argomento la Francia fa da fanalino di coda. Il tasso di impiego dei 55-64 anni è del 38,9%. Presso i nostri vicini europei raggiunge in media il 46%. A fronte di queste statistiche, in Francia si scontrano due filoni di pensiero. Per alcuni, il tasso così basso è in parte dovuto alla possibilità di andare in pensione a 60 anni, fatto che fa crollare il tasso di impiego dei 60-64enni. Per gli altri, bisogna innanzitutto mettere in atto una politica che miri a favorire l'impiego dei 50-60enni, e quello dei giovani, perché senza lavoro non ci sono contributi, e senza contributi non c'è pensione.

Con tag Economia

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